Vorrei condividere alcune riflessioni riguardo a una serie di trasformazioni territoriali rilevanti in progetto tra i comuni di Busto Arsizio, Gallarate, Fagnano Olona e Cassano Magnago. MI riferisco al nuovo ospedale, al collegamento tra la statale 341 e il raccordo di Pedemontana, alla tangenziale di Cassano, e almeno altre due trasformazioni di aree private oggi agricole ed in parte boschive in insediamenti destinati alla grande logistica.
Mancanza di visione complessiva
Tengo a precisare che non si intende criticare il singolo progetto. Le opere prese singolarmente, infatti, potrebbero forse avere anche un giudizio non totalmente negativo. Vorrei per porre l’accento sul processo decisionale e soprattutto sulla mancanza di un disegno complessivo. Le scelte in atto dovrebbero invece essere supportate da una visione complessiva delle trasformazioni in corso, e andrebbero governate con linee guida, strategie e progetti che si prendano carico degli indubbi problemi di impatto ambientale, di qualità urbana, di servizi e di viabilità. E per viabilità non si intende solo la mobilità veicolare privata, poiché è tempo di pensare alla mobilità pubblica e a quella ciclabile e pedonale.
Il nuovo che nasce e il vecchio che degrada
La mancanza di una visione generale delle trasformazioni porta a creare “spazi spazzatura”, ovvero spazi con una bassissima qualità urbana, che si percorrono solo in auto e che nemmeno dall’abitacolo risultano piacevoli alla vista e alla vita. Spazi che possiamo definire “persi” come i parcheggi dei centri commerciali, gli svincoli stradali, le aree interstiziali incoltivabili, quelle industriali o artigianali. Spazi, insomma che non sono pensati per essere vissuti dalle persone. In genere, ma non è una regola, questi “spazi spazzatura” si concentrano ai margini territoriali dei comuni, là dove le problematiche che generano sono meno evidenti e danno meno fastidio. O addirittura ricadono sul comune confinante. Per anni seguendo questa regola non scritta si sono collocati centri commerciali, aree industriali, artigianali, svincoli autostradali, strade statali, bretelle.
Grandi progetti
Tutto ciò che già troviamo nel comparto territoriale in questione e che, nel raggio di appena due chilometri, vedrà sorgere un nuovo ospedale, realizzato il collegamento tra ss 341 e pedemontana, la tangenziale sud di Cassano, l’ampliamento (raddoppio) del centro di distribuzione Tigros per 15.000 mq di superficie di pavimento e la trasformazione di un area di 300.000 mq per farne una zona di produzione e logistica di proprietà di Zust-Ambrosetti (grande azienda di trasporti).
Grandi investimenti
Opere che hanno un costo in termini urbanistici, ma anche economici. Il costo complessivo dell’opera di collegamento tra la SS341 e pedemontana è stimato in 261 milioni di euro (ma saranno sicuramente molti di più), il costo stimato di realizzazione dell’ospedale unico è di 350 milioni di euro (ma saranno sicuramente molti di più), per la realizzazione della tangenziale sud di Cassano il costo stimato è di 4,3 milioni di euro.
Grandi problemi
La creazione del nuovo ospedale unico, rende necessariamente due altre aree potenziali “spazi spazzatura”: ovvero l’attuale ospedale di Busto e quello di Gallarate, i quali potrebbero avere la stessa sorte del vecchio ospedale di Legnano. La realizzazione del collegamento con pedemontana non risolve di certo i problemi viabilistici della zona, semmai li acuisce e di sicuro non risolve nemmeno i problemi economici di pedemontana e soprattutto di Regione Lombardia, che di recente è stata chiamata a render conto della sua esposizione finanziaria davanti alla Corte dei Conti. La tangenziale sud di Cassano non serve a risolvere alcun problema viabilistico, è semplicemente un doppione dell’autostrada. I due progetti di logistica sono i primi a scommettere su questa assurda viabilità, posizionandosi in maniera baricentrica e di fatto fanno pesare sulla collettività la perdita ambientale. Queste trasformazioni sono fatte sulla pelle dei cittadini e in buona parte con i loro soldi, ma nel dibattito politico entrano solo marginalmente e soprattutto raramente con una visione d’insieme. Si fa sempre vedere un pezzetto per volta.
Ma quali soluzioni?
Fermiamoci un attimo. Per dire che nell’Europa d’oltralpe, queste trasformazioni territoriali avvengono. Con una differenza sostanziale: vengono progettate e discusse in anticipo per risolvere il più possibile le problematiche legate ai collegamenti, alla progettazione degli standard, del verde e spesso vi è anche una sorta di progettazione “bio-climatica” al fine di risolvere l’impatto ambientale del progetto; si discute di una precisa idea di città con il necessario senso civico di ogni attore. Oggi si dovrebbe tendere a questo, anzi si dovrebbe addirittura avere l’ambizione di realizzare spazi che creino ecosistemi migliori di quelli iniziali per qualità e biodiversità. E’ vero che siamo ancora in un periodo di transizione, ma possiamo dire di avere tutti i mezzi necessari per immaginare un futuro del genere e accelerare questa transizione di cui tutti parlano.
Cambiare metodo e visione
Con questa visione e desiderio ormai collettivo nella mente assistiamo invece a progetti sul nostro territorio che nulla o poco di tutto questo posseggono; appaiono ingiustificatamente arretrati sotto tutti i punti di vista. Queste si possono considerare realmente trasformazioni democratiche? Gli amministrazioni, i sindaci, gli assessori, che siano essi locali o regionali, che decidono tali trasformazioni forse, nemmeno loro, posseggono una visione complessiva o forse decidono di non averla per ottenere qualche piccolo vantaggio per la propria comunità, strappando qualche opera pubblica che non grava sulle casse comunale e che, in qualche caso, può essere spesa a livello elettorale. A fronte di minoranze consigliari che, frammentate, sono incapaci di fare rete e con il risultato di creare alle nostre comunità ferite urbanistiche e sociali “rimediabili” dopo decenni di immobilismo e degrado.
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