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  • Immagine del redattorePaolo Carlesso

IL RECUPERO DEI SITI INDUSTRIALI DISMESSI

Tradate 06/12/2022 - riporto gli appunti che mi ero segnato per il convegno “Il recupero dei siti industriali dismessi” organizzato da Cesare Losavio che ringrazio per l'opportunità. C'è molto da discutere, e l'occasione è stata molto utilissima.



Sono stato invitato per parlare della ex Insa, so che molti sono con ogni probabilità più addentro di me nella questione, ciò nonostante e vorrei iniziare a parlare della storia, che poi è molto simile purtroppo a molte altre costruzioni in fondo valle dell'Olona. Ed anche se la costruzione dove ora c'è l'ex Insa è stata costruita solo a metà del '900, la storia deve partire molto prima. E' una storia lunga più di 100 anni, certo all'inizio tutto sembrava bello, e probabilmente in qualche modo e in parte lo era. L'Olona era già utilizzato come forza motrice dai mulini oramai da 400 anni, l'Olona è stato utilizzato in seguito per tingere i tessuti, per produrre la carta, e all'inizio del '900 si da avvio all'industrializzazione attorno a fiume, era la principale risorsa economica di questo territorio. A Bergoro vi era la vecchia cartiera Aquila, e a Cairate la cartiera dei fratelli Vita che faranno società con i Mayer. La costruzione sede della ex Insa non è altro che uno degli edifici della cartiera, costruito con ogni probabilità negli anni 60, anzi quell'edificio così lungo era stato fatto appositamente per ospitare la macchina che produceva la carta. Sino all'entrata in scena della grande produzione e soprattutto della chimica, il panorama privilegiato di ogni paese affacciate sul corso del fiume e di cui andare orgogliosi e fieri era quello della valle, si sprecano sino al secondo dopoguerra le foto in bianco e nero che hanno come sfondo questo panorama, così pure i dipinti della vallata industriosa, come quelli di Pasquale Bossi per Fagnano e Bergoro (pittore futurista), sorgono sulle coste della valle le belle ville liberty dei proprietari delle aziende, ma anche, in qualche caso le case degli operai. Il centro dei paesi stava sul fiume, nelle fabbriche. Poi i paesi si sono voltati dall'altra parte; l'Olona da orgoglio era diventato in un breve lasso di tempo il fiume più inquinato d'Italia, parzialmente inquinato probabilmente lo era già, ma con l'avvento della chimica il fiume si è trasformato da risorsa in una sorta di fognatura. Con il susseguirsi di crisi economiche, crisi dell'industria della carta, del tessile, di crisi di ogni genere, il fiume è stato un elemento da nascondere sino agli anni 2000. Qualcuno finalmente inizia ad accorgersi che la valle dell'Olona è ancora bella, o meglio ha la possibilità di ritornare tale e deve necessariamente essere valorizzata, in modo quasi del tutto spontaneo si iniziano a fare piccoli passi. Posso garantire che non in molti all'epoca ci credevano. L'ex Insa e altri casi ancora sono problemi irrisolti, dei passi in direzione opposta a quella del recupero della valle, un retaggio degli anni del “progresso scorsoio” come lo definisce Andrea Zanzotto, anzi questo non si può nemmeno definire progresso, dato che è più assimilabile ad un raschiare il fondo del barile, una forma di ultima predazione, una forma di arricchimento da avvoltoio e allo stesso tempo suicida come di recente lo definisce Serra in un suo articolo. “Un comportamento che scarica i costi sui posteri, che costruisce solo soldi e mai bellezza, soldi e mai cultura, soldi e mai pensiero”. Molte delle ex fabbriche dismesse sono da decenni perennemente all'asta in attesa come nel caso di Insa di un acquirente con pochissimi scrupoli che crea un danno ambientale, spesso enorme, ben sapendo la strada per non farsi addebitare il conto del costo ambientale. La storia da qui è piuttosto nota, le denuncia a partire dal 2013, le richieste di Arpa, i sopralluoghi dei Comuni interessati dell'allora amministrazione Mazzuchelli e Simonelli. Con le denunce si ottenne solo lo spostamento dei rifiuti all'interno della struttura della ditta, nell'attesa solo del fallimento. Oggi vengono stanziati da Regione Lombardia 10.000.000 € per la bonifica, rispettivamente 9,3 a Cairate e 500.000 a Fagnano. Occorre ringraziare l'amministrazione del Comune capofila, ovvero l'amministrazione del sindaco Anna Pugliese per il forte interessamento alla questione. Oggi però dovremmo anche avere il coraggio/dovere di ripensare quel luogo, perché di fatto con l'intervento di bonifica quell'area diventerà patrimonio pubblico. Prima della decisione di Regione Lombardia l'area era all'asta per una cifra di poco sotto il milione di euro. La sfida futura che ci si deve porre è prevenire tali situazioni, e credo che l'unico modo sia un piano d'area, ovvero una programmazione che si occupi delle prospettive future che ha l'area dell'Olona magari nel tratto dai mulini di Gurone sino al confine della provincia, e che lì si inizi a fare una sorta di piano di caratterizzazione individuando a questa scala quali sono le problematiche ambientali; perché è vero che ci sono situazioni gravi simili all'ex Insa, ma tutto il territorio della valle è in parte inquinato fortunatamente in forma meno grave; 50 anni di industria e di esondazioni non si cancellano in un giorno. Occorre pensare interventi e metodologie di approccio diverse e diversificate, magari con tempi lunghi con costi minori, ma dobbiamo intervenire, anzi l'ambizione che dovremmo avere dovrebbe essere quella di migliorare questo territorio come mai è successo nella storia di questo luogo. Occorre un ripensamento e non solo nell'ottica della attività antropiche, l'ambizione dovrebbe essere quella di creare un ecosistema ricco di biodiversità come non lo è stato mai. Mi piace rileggere una affascinante libro di un entomologo svedese, Fredrik Sjöberg, “L'arte di collezionare mosche” “La natura intatta ha le sue qualità, certo, ma raramente può misurarsi con la terra dove l'uomo interferisce. Quasi qualsiasi intervento umano può creare un ambiente che corrisponde alle condizioni di sussistenza , a volte piuttosto complesse, di un'insignificante mosca. Può bastare per esempio banalmente che un giovane architetto del paesaggio si innamori di una ragazza che gli confessa di avere un debole per l'intenso profumo del pioppo balsamico. Lui naturalmente fa piantare tutto un bosco di pioppi balsamici, magari nelle vicinanze di una università che, proprio nel periodo in cui si è innamorato, l'ha incaricato di progettare i suoi spazi aperti. Il bosco, diciamo, viene poi frequentato nottetempo dai membri della semiclandestina Associazione Studentesca per la Liberazione della Bielorussia, attiva presso quell'università. Gli studenti attaccano ai lucidi tronchi dei pioppi – che crescono molto rapidamente – i loro illeggibili manifestini sulla loro lotta senza speranza con puntine di disegno bielorusse (l'unico strumento di cui l'associazione dispone in abbondanza), e uno dei non meglio identificati componenti della lega metallica di cui sono fatte dà origine, nella corteccia dell'albero, proprio a quella rara forma di decomposizione che è una delle condizioni indispensabili perché un (se possibile) ancor più raro tipo di mosca possa depositarvi le sue larve che si nutrono della linfa. L'unica cosa misteriosa è come facciano le mosche a trovare il boschetto all'inizio, ma si sospetta che abbiano esploratori ovunque. Voglio sottolineare particolarmente l'importanza dell'amore in tutta questa faccenda. E' un fattore di cui si tiene conto troppo di rado nello sviluppo dell'attuale ecosistema, fortemente determinato da aspetti culturali, che ospita la più ricca fauna di sirfidi. In passato erano le necessità della miseria che spingevano gli esseri umani a conformare il paesaggio in modo che favoriva i sirfidi, ai giorni nostri sono invece la ricchezza e il piacere.” Se osserviamo bene lungo il corso del fiume ci sono già dei germogli di una visione differente, e stanno crescendo in modo quasi del tutto spontaneo. Esempi sicuramente virtuosi sono Casamatta ai mulini di Gurone e i Calimali a Fagnano Olona, due esempi di riappropriazione del territorio da parte della comunità; la singolarità per entrambi è quella di un azione nata spontaneamente, dal basso senza una particolare attenzione da parte degli enti pubblici. In questi due casi si assiste ad una modificazione, per il meglio, del territorio. In altri casi si assiste, ad una ri-colonizazione degli spazi lasciati dall'industria; nei vecchi stabili, magari che posseggono una buona architettura si stabiliscono, anche in questo caso in maniera spontanea, piccole aziende artigiane, piccoli studi, attività varie, in maniera forse un po' disordinata, ma sufficiente per tenere in vita questi spazi. Come non vedere in questi esempi segni di un cambiamento possibile? Come possono le amministrazioni non tenerne conto? In paesi del Nord Europa è l'iniziativa pubblica a stimolare e governare processi virtuosi in tal senso. Dovremmo dimostrare di essere in grado di farlo anche noi, magari creando una nostra strada, una strada che ci consenta di governare questa complessità.

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